ACQUA POTABILE PER TUTTI: NUOVO PROGETTO IN AFRICA!

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Buongiorno amici!

Di sicuro avrete tutti sentito parlare dei grandi problemi che caratterizzano le zone povere in Africa. Siccità, clima avverso, terreno inadatto alle coltivazioni. Povertà. Scarse risorse. Assenza di infrastrutture per favorire la nascita di un commercio, di una economia… Non è necessario elencarle tutte, si sono scritti fior di libri e ci sono un gran numero di coraggiose associazioni che combattono in Africa tutti questi innumerevoli problemi spendendo le poche risorse disponibili nel miglior modo possibile: ONG varie e ONLUS tra le più disparate, tra medici, volontari e benefattori, l’Africa e supportata da grandi esperti. Purtroppo i problemi rimangono troppi anche per loro, e così diventa necessario l’impegno di ognuno di noi, nel proprio piccolo. Una persona che ha deciso di fare la differenza è Donato Patrissi, giovane laureato in ingegneria ambientale che come tesi di dottorato ha proposto (e portato a termine) una analisi sul campo riguardo alla situazione idrologica in Africa. Clima, incompatibilità culturali e difficoltà nel reperire informazioni non lo hanno fermato: ha portato a termine un lavoro tanto apprezzato dal suo relatore al punto di ricevere la proposta di mettere in pratica un progetto per migliorare la situazione. In estrema sintesi, si tratta di riuscire a portare acqua potabile ai villaggi dell’Etiopia, e Donato ha chiesto a noi pareri e supporto tecnico per questo progetto, motivo per cui vogliamo rendere partecipi tutti voi di questa iniziativa.


LA STORIA DI BANGA

Banga è un comune ragazzo di un piccolo villaggio rurale in Etiopia, vicino alla città di Hawassa. Banga fa parte di una piccola comunità, lavora e aiuta la sua famiglia a sopravvivere come i suoi genitori gli hanno insegnato. Ogni giorno cammina. Cammina per ore ed ore, con due suoi compaesani, fino alla fontana – si, perchè c’è una sola fontana a disposizione dei numerosi villaggi nel raggio di 10 kilometri, una fontana a cui Banga arriva, la mattina, e si mette in fila con gli altri. Passano i minuti, e finalmente arriva l’addetto alla fontana che apre i rubinetti e piano piano smaltisce la coda… beh, Banga non è il solo a volere acqua, perciò è in coda con altre centinaia di persone in rappresentanza dei vari villaggi: persone con cui non parla. Si perchè Banga può vedere altri ragazzi della sua età in attesa, ma le differenze sociali e culturali sono troppo grandi. I suoi famigliari non gli hanno dato ragioni per fare comunella con gli altri villaggi, e non ci sono motivi per farlo: banalmente, ha imparato che non parlano neanche la stessa identica lingua ma diversi dialetti: motivo in più per starsene al proprio posto. Finalmente arriva il suo turno: Banga può finalmente dare all’addetto la tassa dovuta e riempire le taniche che ha portato con i suoi compagni. L’acqua esce, non limpida, ma tanto si sa già che l’acqua diventerà torbida nelle vecchie taniche. Presa l’acqua si può tornare al villaggio, da sua sorella, che sta male ed ha sete… come tante altre persone del villaggio, e come in ogni villaggio, purtroppo. Le persone stanno male, e muoiono, ormai è routine: inizia con un mal di pancia, prosegue con forti dolori, e colpisce tutti: dai bambini ai vecchi. Solo i più fortunati, o i più forti, sopravvivono. Il villaggio andrà avanti comunque, per fortuna per molti è solo un gran mal di pancia: ma la sofferenza è tanta, e nessuno sa quale maledizione li affligge. Nel tornare a casa, Banga può solo pensare che è stato un giorno veramente fortunato: alla fontana le pompe erano accese, la fila si è smaltita presto e lui ha potuto prendere tutta l’acqua necessaria. Spesso l’addetto parla di blackout, parla di pompe spente. “probabilmente si accenderanno fra qualche ora, ma nessuno può saperlo”, dice. Per l’addetto è un giorno di lavoro, che le pompe per l’acqua siano accese o che siano spente, ma per Banga poter tornare dopo poche ore o dover aspettare mezza giornata che le pompe siano riaccese, fa la differenza. Sempre che l’acqua arrivi: le pompe potrebbero anche non riaccendersi più fino all’orario in cui l’addetto chiude la fontana, o poco prima che arrivi il suo turno, e il suo villaggio resterebbe un altro giorno senza acqua.


SALVARE L’AFRICA

Leggendo la storia di Banga notiamo come i problemi di un piccolo villaggio Africano siano innumerevoli e anche una cosa come l’acqua potabile non è da dare per scontata. Così come la vede Banga, la situazione è la stessa in tutti i villaggi: l’acqua è disponibile ma spesso non è accessibile per problemi alle pompe di Hawassa, e anche quando si riesce ad ottenere, si tratta di acqua contaminata che avvelena le persone uccidendo i più deboli e debilitando gli altri, riducendo quindi ulteriormente la forza lavoro della tribù. Non si sta parlando di villaggi persi nel deserto, a centinaia di kilometri dalla civiltà: si sta parlando di comunità a poca distanza dalla capitale, Hawassa – in alcuni casi si sta parlando perfino di comunità confinanti con la città.

Purtroppo non possiamo farci troppi sogni: non è in nostro potere ora salvare l’Africa da tutti i suoi problemi, né anche “solo” portare acqua potabile in tutti i villaggi domani stesso: forse una grossa organizzazione a livello mondiale, con grandi fondi ed anni di lavoro a disposizione potrebbe risollevare da sola le sorti di queste persone, ma non bisogna rinunciare a sognare in grande solo per mancanza di fondi o supporto. Bisogna solo pensare nuovi metodi, intorno ad una parola chiave: Collaborazione. Continuate a leggere questo breve articolo se siete disposti a pensare con noi a questa storia in modo ottimista, a pensare non a tutto ciò che manca ma a ciò che è possibile aggiungere, a pensare non al fuoco che non possiamo creare dal nulla, ma alla scintilla che possiamo offrire: una scintilla che nelle mani delle persone giuste potrebbe diventare un incendio, o rimanere per sempre un piccolo focolare. Senza provare non lo sapremo mai: in entrambi i casi però, avrà scaldato delle persone, quindi vale la pena provarci – o sbaglio?

Se siete arrivati a leggere fino qui, spero che abbiate la mente pronta a vedere questa grande opportunità così come l’ha vista Donato e come l’abbiamo raccolta tutti noi, pensando alla grande importanza che può avere per alcune persone: alle vite che può salvare ed a quelle che può migliorare, senza la presunzione di salvare tutta l’Africa. Quello, magari in un secondo momento, un passo alla volta, non si può mai dire.


IL PROGETTO

Il progetto proposto dal nostro amico e raccolto dal FablabIvrea by Accademia dell’Hardware e del Software libero Adriano Olivetti nasce da una collaborazione fra l’ONG SAED (membro della FOSIT) e il Centre for Development and Cooperation della SUPSI e si focalizza sull’implementazione dell’accesso all’acqua potabile e alla promozione delle buone pratiche di igiene nella regione di Hawassa in Etiopia. Uno studio Master condotto in collaborazione con il Politecnico Federale di Zurigo (ETH) e SUPSI ha messo in evidenza una carente qualità dell’acqua caratterizzata da forte contaminazione fecale a livello domestico (fino al 94% di campioni presi è risultato contaminato!).. Il progetto intende migliorarne la qualità tramite disinfezione e promuovere le carenti pratiche di igiene. Il progetto è stato preparato in collaborazione con le comunità locali: autorità idriche, municipi, rappresentanti della società e Uni-Hawassa.

L’idea di Donato, volgarmente riassunta da me in poche parole, è: AMBIENTE FAVOREVOLE. Non si parla di astrusi programmi a livello mondiale che un normale cittadino come me non può sperare di comprendere: si tratta di fare qualcosa di concreto riguardo al “problema acqua”. Fontane, tubature, grandi opere: non ci interessano, non adesso almeno. Adesso la priorità è migliorare la situazione di questi villaggi, avere serbatoi d’acqua, depurare quest’acqua, unire le comunità disperse sul territorio. Come fare?

Si prospetta innanzitutto una grande campagna di sensibilizzazione all’importanza dell’acqua potabile ed ai rischi legati ad acqua contaminata per tutte quelle popolazioni, ma non si tratta delle comuni raccomandazioni fine a se stesse: il progetto è di migliorare le fontane presenti grazie alla aggiunta di piccoli sistemi di depurazione “in loco”, su ogni punto d’accesso all’acqua, nella maniera più naturale possibile e con dei serbatoi che permettano, perlomeno, l’immagazzinare una piccola quantità d’ acqua quando disponibile per smaltire più velocemente le file: se c’è un serbatoio pieno di 2000 litri d’acqua, se anche le pompe rimangono spente per un po’, la distribuzione dell’acqua può proseguire. Non si risolvono tutti i problemi dall’oggi al domani, ma questo è un inizio per migliorare la situazione. Per depurare l’acqua però è necessario un agente chimico molto particolare, il cloro. A primo impatto può sembrare un muro invalicabile, causa della chiusura istantanea del progetto: non se si aggira il problema trasformandolo in opportunità. Il progetto vede la realizzazione di cooperative ed imprese sociali per la produzione di cloro secondo una nuova tecnica abbordabile, partendo dal comune sale da cucina. La creazione di tali cooperative non solo risolve le richieste di cloro per la depurazione dell’acqua nelle fontane, ma funziona anche da spinta per unire le comunità, avvicinare le tribù e dare la “scusa” di cui parlavamo prima per poter unire i vari, distanti (più culturalmente che geograficamente) villaggi. Uno degli aspetti più apprezzabili del cloro è che se utilizzato nelle giuste quantità riduce anche il problema delle taniche sporche: acqua carica di cloro disinfetta (entro certi limiti ovviamente) il contenitore stesso.

Non so voi, ma io mi sono emozionato molto nel leggere un progetto così intrinsecamente ottimista e incentrato (cosa rara) non sul “dare una soluzione dall’alto per tutti i problemi”, con la conseguente dipendenza nei confronti di altre persone, bensì incentrato sul “spingere per un AMBIENTE FAVOREVOLE allo sviluppo risolvendo un singolo problema comune”. Un aspetto importante del progetto è la collaborazione con la università di Hawassa e con le istitutizioni, cosa che sicuramente mira a coinvolgere tutti le persone necessarie a rendere questo progetto pilota qualcosa di autonomo. Nulla di fine a se stesso, nulla di arrivato dall’alto: se verrà recepito con lo stesso entusiasmo dalle popolazioni coinvolte, sarà un gran successo. E la chiave del successo, in questo caso, è il coinvolgimento delle comunità.


E NOI?

Ovviamente in un piano così complesso io non saprei da dove iniziare per “dare una mano”. Ci ha pensato Donato: uno dei problemi di non banale risoluzione è la realizzazione dei suddetti depuratori. Certo, sarebbe possibile comprare dei depuratori professionali, spendere qualche decina di migliaia di euro per degli impianti di depurazione automatizzati, e il problema sarebbe risolto: ma chi li tira fuori i soldi, per di più in un paese come l’Africa? E’ necessaria l’ideazione di un sistema, più o meno automatizzato, che risolva il problema in maniera economica, e il Fablab ha una certa esperienza nel campo di prototipazione “economica” (nel senso di spendere poco!!).

Scherzi a parte, speriamo di riuscire a renderci utili principalmente nella fase di creazione del dispositivo, con consigli tecnici e test vari, dal basso della nostra formazione “maker”. E’ già stata definita una bozza di struttura, per il prototipo, che speriamo di poter testare nei prossimi mesi: il team dei 3 tutor del fablabIvrea si metterà subito all’opera per cercare di supportare il più possibile un così bel progetto. Speriamo di poter condividere presto con voi i primi test, il come vorremmo strutturare questo depuratore, e ogni nuova notizia su questo progetto: se qualcuno avesse qualche consiglio, critica o correzione per aiutarci, è sempre il benvenuto!

Non siamo esperti tecnici, ma faremo del nostro meglio!


PER FINIRE…

Grazie per il tempo dedicato alla lettura di questo (forse troppo lungo) testo, e scusatemi per le licenze narrative, ma la storia di questo progetto meritava di essere presentata nel migliore dei modi… o almeno, questo era l’intento. Nel caso qualcuno avesse consigli o piacere di mettere la propria conoscenza, le proprie abilità o la passione per determinati argomenti, non dimenticate mai che il FablabIvrea è aperto a tutti!

Un saluto,
i tutor del FablabIvrea